Contesto Storico
Il libro è stato pubblicato nel 1975, in un periodo in cui in Italia ed in altri paesi Europei si faceva sentire sempre di più il movimento dell’antipsichiatria che avrebbe portato nel 1979 alla chiusura delle “istituzioni totali” con la legge Basaglia.
Andando a ritroso ritroviamo alcuni contributi significativi che sono alla base di Paradosso e controparadosso: nel 1968 Von Bertalanffy formula la Teoria del sistema generale, nel 1967 il gruppo di Palo Alto pubblica Pragmatica della Comunicazione umana, nel 1956 Bateson e collaboratori pubblicano “Verso una teoria della schizofrenia”, nei primi del ‘900 Whitehead e Russel pubblicano “Principia Mathematica” , un opera sui fondamenti logici della matematica.
Queste opere costituiscono la base di Paradosso e controparadosso, che rappresenta l’inizio della storia della terapia familiare sistemica.
Il testo riporta le esperienze di lavoro terapeutico dell’equipe con famiglie a transazione schizofrenica.

Modalità di lavoro dell’equipe
L’equipe di Milano composta da Mara Selvini, Boscolo, Cecchin e Prata aveva messo in piedi un Centro per lo Studio della famiglia nel 1967. La modalità di lavoro era la seguente: l’equipe era composta da 4 terapeuti (gli autori del libro) due donne e due uomini; una coppia conduceva la seduta mentre l’altra coppia osservava dietro lo specchio. La coppia che conduceva o osservava era sempre eterosessuale: questa modalità di lavoro restituisce un equilibrio fisiologico ed evita di scivolare negli stereotipi culturali dei due sessi.
Ogni seduta era composta da cinque parti: la preseduta, la seduta, la discussione della seduta, la conclusione della seduta, il verbale di seduta.
Un altro elemento importante era il primo contatto telefonico che permetteva di raccogliere numerose informazioni sulla famiglia mediante una scheda telefonica standardizzata.
Fin dalla prima seduta era fondamentale la presenza di tutti i membri della famiglia.

Alcuni concetti

Connotazione positiva
Con questi termini si fa riferimento ad una manovra che serve per connotare positivamente il sintomo ed il sistema. L’equipe dela Scuola di Milano si accorse che aveva poca utilità, con le famiglia a transazione schizofrenica, connotare negativamente il sintomo. Tra i rischi maggiori, intravedevano quello di dare un giudizio moralistico ad un membro familiare o all’intero sistema oppure quello di creare delle divisioni tra “il malato” e i membri “sani” della famiglia.
Una connotazione positiva del sintomo e del sistema familiare avrebbe invece permesso di confermare la tendenza omeostatica del sistema e avrebbe creato una marca di contesto terapeutico in cui implicitamente i terapeuti dichiaravano la loro leadership, definendo quindi la relazione. Tutto ciò avrebbe aperto la via al paradosso: il sistema per mantenere questo stato,  paga il prezzo di un “paziente”.

Prescrizione del rituale familiare
La prescrizione del rituale è una delle tecniche messe a punto dai terapeuti della Scuola di Milano.
Il rituale consiste in un’azione o una serie di azioni cui sono tenuti a partecipare tutti i membri della famiglia. Nel testo viene presentato l’utilizzo della prescrizione del rituale per far cadere un mito familiare che si tramandava da tre generazioni, in quanto considerato uno degli ostacoli all’evoluzione del sistema famiglia. Lo scopo della prescrizione del rituale è quello di cambiare le regole del gioco senza ricorrere alla spiegazione, alla verbalizzazione, senza metacomunicare, quindi senza l’utilizzo dello strumento linguistico. “Il rituale familiare è piuttosto la prescrizione ritualizzata di un gioco in cui le norme nuove tacitamente sostituiscono quelle vecchie”.

Doppio legame
Il double bind viene per la prima volta  descritto da Bateson e collaboratori come modalità d’interazione presente con altissima frequenza nelle famiglie a transazione schizofrenica. Si può considerare come un’incongruenza tra due livelli di comunicazione verbale e non verbale: a livello verbale viene data un’ingiunzione che ad un secondo livello, non verbale, viene squalificata. Ma non basta. I “giocatori”, cioè coloro che interagiscono, non possono metacomunicare, ne possono ritirarsi dal “gioco”. Questo crea una situazione di stallo in quanto chi riceve il messaggio non può situarsi in una posizione complementare (accettare) o simmetrica (rifiutare), in quanto non è chiaro quale dei due livelli sia quello vero.

Prendiamo come esempio un’interazione che si potrebbe verificare tra un bambino ed un genitore,  in cui quest’ultimo manda un messaggio incongruente sui due livelli. Questo bambino si troverà per ovvi motivi nella condizione di non poter metacomunicare e di non poter lasciare il campo in quanto dipendente dalla figura genitoriale. Questo quadro potrebbe diventare problematico nel momento in cui questa modalità d’interazione diventa l’unica forma di comunicazione utilizzata.

Quindi per parlare di double bind devono coesistere tre elementi: incongruenza tra due livelli di comunicazione, impossibilità/divieto di metacomunicare ed impossibilità di lasciare il campo, cioè la relazione tra i “giocatori” deve essere significativa.

– Bateson G., Jackson D.D., Haley J., Weakland J., Toward a theory of schizophrenia. Behavioral Science, 1956, 1, 251-264.
– Selvini Palazzoli M., Boscolo L., Cecchin G., Prata G., Paradosso e Controparadosso. Feltrinelli, Milano, 1975.

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